Parco dell Etna
CT
Era il 1987 quando, per la prima volta, si avvertì la necessità di tutelare in via definitiva quel patrimonio paesaggistico e faunistico di particolare bellezza che faceva capo all’Etna, il vulcano più alto d’Europa. Si stabilì così la decisione d’istituire un parco naturale, protetto dalla Regione Sicilia.
Come sempre accade nei luoghi di maggior interesse turistico, e quindi caratterizzati dal fascino dei luoghi, il Parco dell’Etna si pone come scopo primario la difesa della flora e della fauna locali, nel desiderio di armonizzare questo alto intento con la necessità di accogliere un turismo sì massiccio, ma del tutto rispettoso della natura. Per questo, contestualmente alla nascita del Parco, venne istituito anche l’Ente preposto alla sua gestione, che oggi ha sede nell’antico Monastero di s. Nicolò La Rena, sito a Nicolosi. Oggi venti Comuni fanno capo al Parco dell’Etna, ognuno dei quali ricco della sua storia e delle sue tradizioni.
Un itinerario nel Parco consente una visita ad ampio raggio, capace di contemplare sia l’osservazione della flora che, fatta eccezione per l’area spoglia intorno al cratere principale del vulcano, è costituita da ulivi, castagni, betulle e pini, per non parlare della ginestra, che con i suoi colori accesi spicca contro il nero della roccia lavica; sia della fauna, un tempo però molto più ricca di oggi a causa dell’estinzione di animali quali lupi, cinghiali, daini e caprioli. Purtroppo, come spesso accade, il progresso non sempre riesce ad andare di pari passo con la difesa di un territorio. Ciononostante è ricco l’insieme faunistico che il visitatore può ammirare, da lepri e conigli a donnole, volpi e martore, solo per citarne alcuni.
L’area complessiva del Parco si estende per circa 59000 ettari ed è suddivisa in quattro fasce, a seconda del livello di protezione necessario, che va dalla difesa integrale a quella meno coercitiva specialmente nelle aree più antropizzate, laddove la presenza di Comuni permette di coniugare economia sostenibile e fruizione dell’ambiente. Del territorio posto a tutela, gran parte è oggi gestito da privati, mentre il resto è di pertinenza del Demanio e dei venti Comuni, che qui si citano per completezza: Adrano, Belpasso, Biancavilla, Bronte, Castiglione di Sicilia, Giarre, Linguaglossa, Maletto, Mascali, Milo, Nicolosi, Pedara, Piedimonte Etneo, Ragalna, Randazzo, Sant’Alfio, Santa Maria di Licodia, Trecastagni, Viagrande, Zafferana Etnea.
L’accesso al Parco è oggi possibile da ciascuna delle località sopra citate, sia attraverso sentieri e mulattiere, che attraverso strade asfaltate. E’ inoltre possibile usufruire della Ferrovia Circumetnea il cui percorso lambisce l’anello inferiore del Parco.
Sono molti i punti d’interesse visitabili. Innanzitutto occorre citare i luoghi pertinenti al vero protagonista del Parco, l’Etna: si va dal cratere centrale, alla Montagnola, a sud del primo e formatosi a seguito di eruzioni del XVIII secolo, alla Valle del Bove, sul versante est. Sono inoltre presenti ben 200 grotte, note sin dall’antichità e utilizzate come sepoltura, come accumulo di neve, come luoghi sacri o di riparo: le più famose sono le Grotte del Gelo, di Lampone, dei Tre Livelli e delle Palombe. Completano il quadro geologico i Crateri sommitali e i Monti Silvestri, attraverso i quali si snoda la strada che da Nicolosi e Zafferana porta al Rifugio Sapienza, meta obbligata di tutti i visitatori che si trovano sul versante sud dell’Etna.
Come sopra ricordato, nel 2005 la sede dell’Ente del Parco è stata insediata nel Monastero di san Nicolò a Nicolosi, che così, dopo anni di trascuratezza e abbandono, ha potuto ritornare a grandi livelli di frequentazione, come spazio preposto alla cultura, alla mostra di prodotti tipici, a convegni nazionali e alla realizzazione di un museo vulcanologico. Un vialetto in pietra lavica conduce all’area antistante il Monastero, dove un’antica cisterna a quattro bocche è tutt’ora in funzione. Alle spalle dell’edificio principale, invece, un recinto racchiude quelli che sono probabilmente i ruderi originari del Monastero con accanto il Vecchio Palmento, destinato a divenire, secondo i progetti dell’Ente, un museo della viticoltura.
Naturalmente, i prodotti tipici dell’area etnea giocano un ruolo importante nella comprensione e nel pieno apprezzamento del Parco. Il grande numero di Comuni coinvolti nell’area protetta consente una larga scelta di tesori enogastronomici, tra cui vanno annoverati i vigneti di Nerello che producono un vino DOC. Celebri sono anche i pistacchi di Bronte, le fragole di Maletto e varie qualità di pere e pesche, e di queste ultime si distingue la varietà “tabacchiera”, così chiamata per la forma bassa e schiacciata.
Itinerari naturalisti, culturali ed enogastronomici s’intrecciano così nel Parco dell’Etna. Il visitatore non può così che restare sorpreso dinnanzi alla vasta scelta di possibilità di questo angolo prezioso ma delicato della Sicilia. Gli Arabi chiamavano l’Etna Mons Gebel, sopravvissuto nell’italiano Mongibello, nome alternativo del vulcano dal significato chiaro: “monte per eccellenza”, grazie a ciò che preserva, a ciò che sa offrire.